Il tumore al colon retto: l’importanza della diagnosi precoce

Nei Paesi occidentali il cancro del colon retto (CCR) rappresenta, per incidenza e mortalità, il secondo tumore nell’uomo dopo quello al polmone e il secondo nella donna dopo quello alla mammella. Abbastanza rara prima dei 40 anni, la malattia è sempre più frequente a partire dai 60 anni, raggiunge il picco verso gli 80 anni e colpisce in eguale misura uomini e donne. Negli ultimi anni si è assistito a un aumento del numero di tumori, ma anche a una diminuzione della mortalità, merito soprattutto di un’informazione più adeguata, della diagnosi precoce, oltre che dei miglioramenti nel campo della terapia.

Una neoplasia “lenta”
I tumori del colon retto sono dovuti alla crescita anomala delle cellule della mucosa che riveste internamente questo organo. Nel 90% dei casi il cancro è preceduto da una lesione benigna detta polipo o adenoma.

La trasformazione del polipo in tumore maligno avviene attraverso una serie di passaggi intermedi ed è un processo nella maggior parte dei casi lento (dai 5 ai 15 anni). Per questo la diagnosi precoce rappresenta davvero un’efficace arma di prevenzione.

I fattori  di rischio

Rispetto al fattore di rischio generico (rappresentato dall’età),  riferito a persone che non presentano sintomi o segni suggestivi per cancro del colon retto (rettorragie, recenti modifiche dell’alvo, incompleta e difficoltosa evacuazione delle feci o tenesmo, senso di incompleto svuotamento, stipsi di recente insorgenza, perdita di peso superiore al 10% della propria massa corporea), sono stati identificati soggetti con rischio aumentato (vedi tabella). Un ruolo importante, inoltre, lo giocherebbe anche l’alimentazione: recenti studi hanno infatti sottolineato come una dieta altamente calorica, ricca di grassi animali e povera di fibre sia associata a un aumento dei tumori intestinali; al contrario diete ricche di fibre (e quindi con alto consumo di frutta e vegetali) sembrano avere un ruolo protettivo.

Le raccomandazioni
Dalla revisione delle Linee Guida Nazionali, Americane e  di altre Società Scientifiche, emergono raccomandazioni generali rivolte agli operatori sanitari. In particolare al Medico di Medicina Generale devono essere fornite  informazioni sul funzionamento e sulle modalità di accesso a strutture diagnostiche e terapeutiche del proprio territorio. Possiamo evidenziare i seguenti criteri di approfondimento (che cioè indicano la necessità di altre indagini diagnostiche) di segni clinici: • un sanguinamento rettale di recente insorgenza in pazienti  di età >/= a 50 anni non deve essere attribuito a patologia benigna senza aver escluso carcinomi o polipi adenomatosi del colon-retto; • tutti i pazienti di età >/= a 50 anni che si presentino al MMG con nuovi, significativi e persistenti sintomi riferibili a patologia colorettale (dolore addominale, alterazioni dell’alvo, mucorrea, rettorragia, dimagrimento, anemia sideropenia, etc.) devono ricevere un’accurata anamnesi (inclusa quella  familiare) ed essere sottoposti a esame obiettivo comprensivo di esplorazione rettale entro 2-4 settimane; • pazienti di età <50 anni che si presentino con sintomi riferibili a patologia colorettale, in assenza di obiettività e di rischio familiare, possono essere sorvegliati per alcune settimane; se i sintomi persistono devono essere avviati ad accertamenti.

Il MMG: un alleato “attivo” nella strategia di prevenzione Per quanto riguarda lo screening, il MMG deve fare riferimento alle procedure messe in atto nel proprio territorio.  È compito del MMG  sollecitare i propri pazienti, di età superiore ai 50 anni, asintomatici e non affetti da situazioni a rischio, a partecipare allo screening, secondo le procedure locali. Lo screening deve essere effettuato con la SOF (esame che permette di individuare nelle feci piccole perdite di sangue non visibili ad occhio nudo) ogni 2 anni, oppure con la sigmoidoscopia (esame endoscopico della durata di circa dieci minuti che permette di controllare, per mezzo di un una sonda introdotta per via rettale la superficie interna del tratto terminale del grosso intestino) ogni 5 anni oppure, infine, con la colonscopia (esame ambulatoriale che consente, attraverso uno strumento flessibile dotato di telecamera e introdotto per via anale, di controllare la superficie interna del grosso intestino per cercare eventuali alterazioni) ogni 10 anni. Se il SOF è positivo, è obbligatoria la colonscopia.  In presenza di fattori di rischio, per i quali è necessaria una più stretta sorveglianza, le indicazioni però possono cambiare: • in caso di familiarità con 1 parente di I grado con CCR di età < a 60 anni lo screening deve essere  consigliato all’età di 40 anni e ripetuto ogni 5 anni; • in caso di familiarità con 1 parente di I grado in età > a 60 anni lo screening deve  essere consigliato all’età di 45 anni e ripetuto ogni 10 anni, se i sintomi persistono devono essere avviati ad accertamenti. www.omceo.bg.it

LA CAMPAGNA DI SCREENING NELLA NOSTRA CITTÀ

Il programma di prevenzione è organizzato dalla ASL della Provincia di Bergamo in collaborazione con i Medici di famiglia, le Farmacie, le Strutture Accreditate, i Comuni interessati, e con il sostegno della Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori. Prevede la spedizione dell’invito a eseguire il test per la ricerca del sangue occulto ai residenti di età compresa tra i 50 e i 69 anni senza altri fattori di rischio se non l’età. La raccolta del campione di feci, in contenitori distribuiti in farmacia, può essere fatta a casa propria senza alcuna dieta di preparazione, seguendo le istruzioni indicate sull’invito. Il test, la cui esecuzione non richiede impegnativa, è completamente gratuito. Per informazioni: numero verde 800 512330 – Centro Screening dell’ASL (dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 12.00).

Fonte: Bergamo salute www.bgsalute.it

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